Greta Beccaglia e la molestia in diretta TV: il processo al conduttore e non al molestatore

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La giornalista Greta Beccaglia, molestata in diretta TV dopo la partita Empoli-Fiorentina.

La giornalista Greta Beccaglia, inviata di A Tutto Gol su Toscana TV, è stata molestata in diretta TV. Durante il collegamento alla fine della partita Empoli-Fiorentina, un uomo ha palpeggiato la giornalista. Beccaglia risponde: ‘Scusami? Non puoi fare questo’. In sottofondo il conduttore Giorgio Micheletti dice: ‘Vai, non te la prendere’, per poi chiudere il collegamento pochi istanti dopo.

La notizia ha fatto il giro dei social grazie al video, diventato virale. Purtroppo, come spesso accade, il video si arresta alla frase: ‘Così perlomeno puoi reagire, se vuoi’. Una frase che, anziché colpevolizzare l’autore della molestia, ha spostato l’accento sul conduttore, scatenando la polemica.

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Il momento della molesta subita da Greta Beccaglia dopo l’incontro Empoli-Fiorentina

L’intervento integrale del conduttore

Il video integrale, invece, purtroppo non diventato virale – come sempre accade in questi casi – mostra la reazione completa del giornalista. ‘Si cresce anche attraverso queste esperienze. Chiudiamola lì, grazie Greta’, dice alla collega. ‘Così perlomeno puoi reagire, se vuoi. Non in diretta, così ti permettiamo di reagire, perché determinati atteggiamenti meritano ogni tanto qualche sano schiaffone, che se fosse stato dato da piccolo, probabilmente li avrebbero fatti crescere. Grazie Greta’, aggiunge.

Il 25 novembre è stata la Giornata Internazionale per l’eliminazione della Violenza contro le Donne, un giorno importante che dovrebbe servire a civilizzare la società. Quanto accaduto a Greta Beccaglia dimostra il contrario. 

La leggerezza con cui un uomo si sente autorizzato a molestare una donna è aberrante. Lo è ancora di più pensare che forse si senta ulteriormente legittimato dalla telecamera accesa e ottenere, così, celebrità? visibilità? Chissà. Si spera che Greta Beccaglia rintracci l’individuo, in modo da poterlo denunciare.

Spostare l’accento per alimentare l’indignazione

A colpire della vicenda, però, non è solo il fatto increscioso ai danni di una giornalista donna, molestata in diretta televisiva mentre stava svolgendo il suo lavoro, quanto la piega che ha preso sui social. A colpire è il modo in cui non ci si curi di condannare la molestia commessa dal passante, infatti, ma ci si prodighi a condannare la frase del conduttore. Conduttore che non sembra affatto complice dell’accaduto, ma non fa gioco farlo notare. Mostrare il suo discorso contro il molestatore non serve perché rischia di rallentare l’ondata di indignazione. E a noi ciò che interessa è l’indignazione social, alimentarla per poi ottenere un riscontro sui nostri profili.

In pochi minuti, il reo è caduto nel dimenticatoio e la platea si è scagliata solo contro il conduttore del programma, ‘responsabile della frase ‘non te la prendere’ e di aver chiuso il collegamento. Il nocciolo della questione è tutto qui. Il video virale mostra fino alla chiusura del collegamento e omette tutto il discorso successivo del giornalista. Discorso che abbiamo riportato all’inizio di questo articolo per dovizia di particolari.

Giorgio Micheletti non si è limitato a liquidare la questione, ma ha condannato la molestia. E’ vero che inizialmente ha detto ‘non te la prendere’, una frase certamente sbagliata, ma in ogni processo si vagliano tutte le prove e si ascoltano tutte le parti in causa. Il conduttore non è il reo, non ha palpeggiato la collega, non ha commesso un reato. Lo si può accusare di non aver saputo gestire il fatto con destrezza e maestria, caratteristiche che ci si aspetta da un conduttore televisivo, ma ha recuperato pochissimi secondi dopo.

Sostituirlo al molestatore è esagerazione e mistificazione.

Soluzioni troppo semplici a problemi complessi

A pochi giorni dalla giornata internazionale contro la violenza sulle donne, perché ci si concentra su un soggetto a latere e non sul reo? Perché spostare l’attenzione sul conduttore è più semplice. Il materiale è sufficiente a creare un tweet, un post, una breve story a effetto. Scandagliare le radici di un male profondo della nostra società in 280 caratteri non è semplice e comporta uno sforzo maggiore di un like o di un retweet.

La mancanza di analisi e la voglia di arrestare ogni ragionamento alla superficie non aiutano a combattere la violenza sulle donne, ma solo ad alimentare la quotidiana gogna mediatica che oggi tocca a te e domani a me. E a rimanere impuniti, ancora una volta, saranno i veri responsabili della violenza anche a causa di chi, anziché guardare alla trave, si concentra sulla pagliuzza. E via verso la prossima polemica, che – si sa – fa sempre bene all’engagement. L’ennesima occasione sprecata per parlare di un tema importantissimo con i modi, i toni e gli strumenti giusti.

Equiparare la reazione goffa del conduttore alla molestia commessa dal passante non fa altro che equiparare la violenza sulle donne a qualsiasi altro tema che occupa quotidianamente la timeline social. X Factor, Grande Fratello, vaccini, Salvini, PD. Vale tutto e a pagare lo scotto di questa sbornia di tweet, post e stories sono solo le donne. Fino a quando non impareremo a parlare di violenza nel modo giusto, tutti gli ‘sforzi’ dei media non faranno altro che ridurre i messaggi per combattere la piaga a mera retorica o mero intrattenimento.

Le parole di Greta Beccaglia al TG1

Come ha detto Greta Beccaglia intervistata dal TG1, ‘non può accadere questo nel 2021. Ho avuto la fortuna di avere la telecamera accesa e di poter testimoniare, però tante volte questo accade quando le telecamere sono spente, quando le donne sono in giro per strada o semplicemente a lavorare’.

Ecco, forse, anziché rinviare a giudizio del tribunale social il conduttore, sarebbe più utile concentrarsi sulla molestia, sul pericolo che le donne corrono tutti i giorni, su cosa significhi essere aggredite per strada. Soprattutto, su chi commette e su chi subisce una violenza. E, forse, mostrare i video integrali anziché tagliarli ad hoc per scatenare l’inferno in una tediosa domenica di novembre.

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