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Musica Che Unisce su Rai1, la TV offre nuove forme di racconto

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musica che unisce rai 1 Negramaro

Con Musica Che Unisce, Rai1 ha dimostrato di essere in grado di sperimentare nuove forme di racconto, nuovi modi di fare intrattenimento. A prima vista, il programma è stato una sorta di concerto del Primo Maggio senza palco, senza pubblico e senza Primo Maggio. Quasi una sequela di canzoni intonate dai propri interpreti, davanti a un cellulare, inframezzate da interventi – sempre registrati – di alcuni attori. Avanti così per quattro ore abbondanti.

Musica Che Unisce, i cantanti

In base a questo punto di vista, Musica Che Unisce potrebbe sembrare una sorta di Techetecheté in salsa casalinga. Il ragionamento da farsi, invece, è un pizzico più sottile e merita una analisi meno superficiale. Innanzitutto si è trattato di una staffetta musicale: Andrea Bocelli, Cesare Cremonini, Tiziano Ferro, Negramaro, Il Volo, Emma, Fedez, Francesca Michielin, Brunori Sas, Diodato, Gigi D’Alessio, Mahmood, Levante, sono solo alcuni degli artisti che si sono esibiti. Da casa, davanti a un telefono, ma non per questo l’emozione è stata inferiore.

Musica Che Unisce aveva un obiettivo: raccogliere fondi e farlo attraverso la musica, filo conduttore universale. Bene, il programma è riuscito nel suo intento. La musica ha unito. L’interpretazione degli artisti ha emozionato. Ci siamo sentiti tutti uniti, seppure distanti.

Gli ascolti di Musica Che Unisce

Gli ascolti hanno premiato a metà. L’Auditel ha segnato 3.596.000 telespettatori, per uno share pari al 14.1%. La serata è stata vinta da Italia1 con Harry Potter e il Principe Mezzosangue con 4.442.000 e il 15,8%, ma in questo caso a rilevare non sono solo i numeri.

Il nuovo racconto televisivo

Rai1 ha messo in piedi uno show musicale con gli strumenti a disposizione. Senza uno studio televisivo, senza operatori, senza attrezzature di alcun genere. La televisione, dunque, si è affidata alla comune tecnologia, quella del quotidiano, e il risultato è stato, a tratti, un mix tra una diretta Instagram e un servizio del TG1. Va, però, premiato l’intento. Va premiato il coraggio di un’operazione simile.

Due mesi fa un esperimento simile non sarebbe stato non solo possibile, ma neanche pensabile. Se qualcun avesse osato proporre un format simile in prima serata, la mattina dopo sarebbe stato massacrato. Forse tra due mesi diventerà la normalità o forse – si spera – sarà il ricordo di un periodo difficile.

Da un mese a questa parte, la televisione è quasi spenta: tra programmi cancellati, chiusi in anticipo e produzioni mai partite, la stagione si chiuderà molto prima del previsto e in modo del tutto inaspettato.

Di certo, a settembre comincerà un nuovo ciclo, forse persino una nuova epoca. Musica Che Unisce ha dimostrato che la TV è in grado di offrire nuove forme di racconto, se obbligata a farlo. La crisi di creatività e la riduzione dei budget sono, dunque, una scusa per crogiolarsi e non rischiare, per andare sull’usato sicuro anziché sperimentare.

La storia insegna che per avere successo non sempre è necessario strafare. Less is more, diceva Coco Chanel, e l’augurio è che vi siano più Musica Che Unisce e meno show strabilianti che, alla fine, annoiano e hanno poco o nulla da dire. La semplicità non sempre è un limite, anzi, talvolta è un punto di forza. E Musica Che Unisce ne è l’esempio.

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