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Lupin, la serie di Netflix è un successo (e il whitewashing non c’entra nulla)

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L’8 gennaio 2021 è arrivata su Netflix Lupin, la serie ispirata all’iconico ladro gentiluomo. Sin dal debutto, ha scalato la classifica dei titoli più visti occupando stabilmente il primo posto. Un record importante, che batte quello già raggiunto da Bridgerton, la serie in costume cult delle scorse festività natalizie.

In un paio di settimane, Lupin arriva a settanta milioni di visualizzazioni, diventando la prima serie francese a ottenere un successo internazionale. Inoltre, l’amore per il ladro gentiluomo è talmente grande, che anche il settore della narrativa ne beneficia: in Francia il libro di Lupin spodesta J.K. Rowling e si prevede una vendita di centomila copie entro l’estate.

Omar Sy, un perfetto Lupin

Un risultato più che ragguardevole, che consacra definitivamente Omar Sy. I più attenti lo ricorderanno in Quasi amici e Una famiglia all’improvviso, due capolavori in cui Sy dà prova delle sue capacità attoriali. Sorriso buono e fisico statuario: Omar Sy è un perfetto Lupin. Appassionante e coinvolgente, la serie TV di Netflix tiene con il fiato sospeso fino all’ultimo episodio. La storia è quella di Assane Diop, un uomo che vuole rivendicare il padre, morto venticinque anni prima, ingiustamente accusato di furto. Per riuscirci, segue i trucchi del mitologico Lupin, cimentandosi in imprese rocambolesche.

Sullo sfondo, una Parigi sfaccettata. Da un lato, la banlieu, la periferia, con i suoi contrasti e le difficoltà di una vita ai margini. Dall’altro, la Ville Lumière dei Jardins du Luxembourg, del Louvre, della Senna e di tutti gli scenari mozzafiato che tutto il mondo conosce. Assane si muove con maestria tra questi due mondi, intrisi di umanità, ma anche di ingiustizie.

Il pregio di Lupin è aver riproposto un personaggio già conosciuto al grande pubblico in una nuova chiave. La serie è ispirata al celeberrimo ladro, ne imita le gesta, ma non vuole scimmiottarlo. Ed è qui che risiede la sua forza. Il Lupin di Netflix, infatti, non è quello del libro né quello del cartone animato. È una sorta di ispirazione, di mentore, le cui gesta tracciano la strada di Assane. Un omaggio, dunque, non una riproduzione.

Le accuse infondate di ‘whitewashing’

La precisazione è d’obbligo perché il Corriere ha pubblicato un articolo molto discusso – e a nostro parere, discutibile – che prova a equiparare Lupin al ‘whitewashing’ e al politically correct. Secondo il quotidiano, infatti, ‘a leggere i libri di inizio Novecento di Maurice Leblac si farebbe fatica a immaginarsi così Arsenio Lupin’, ovvero ‘senegalese alto un metro e novanta’. Dunque, ‘la nuova serie di Netflix gioca sull’equivoco’ poiché il protagonista ‘si ispira a lui e si muove nella società integrata e multiculturale di oggi’.

Benché la rincorsa al politically correct sia all’ordine del giorno, spesso con risultati eccessivi, vi è da dire che in questo caso l’accostamento risulta pretestuoso. Omar Sy non è Lupin, bensì un uomo che ne segue gli insegnamenti per rivendicare la memoria del padre. È una storia romantica, ma non frivola, che ha la sola pretesa di intrattenere. Omar Sy è un attore bravissimo, che si è dimostrato perfetto anche in questo ruolo. Le polemiche – o presunte tali – stanno a zero. Lupin è un successo e stavolta il politically correct non c’entra nulla.

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