Per gli studi di La7 si aggira un giornalista di mezza età vanitoso, piacione e curato nel vestire. Ma che ha anche dei difetti, e presto vedremo quali. No, non parliamo di Andrea Scanzi poiché costui attualmente preferisce evitare la rete di Urbano Cairo dopo l’affair vaccino-gate. Ci riferiamo invece a Massimo Giletti, il canuto e abbronzatissimo pilastro della domenica sera cairiana.
Massimo Giletti è approdato a La7 nel 2017 dopo una burrascosa chiusura con la Rai. Acqua passata. Da allora Giletti ha collezionato successi e fischi, applausi e critiche. Gli ascolti di Non è l’Arena sono più che dignitosi: a seconda del periodo dell’anno oscillano fra 1,5 e 1,8 milioni di spettatori nella prima parte della trasmissione e gli 800/900mila nella seconda parte. E allora qual è il problema?
Inchieste e urla
Non a tutti piace lo stile gilettiano che alterna inchieste di ottimo livello a orizzonti pop quali un’informazione a volte urlata. Piacere a tutti è certamente impossibile e si apprezza l’intenzione di diversificare l’offerta sia per i contenuti che per i modi. E allora cosa c’è che non va? È presto detto: ogni tanto Giletti cede alla tentazione della piazzata, come l’indignazione contro lo scostumato di turno che straripa in un cazziatone didascalico trasudante ettolitri di retorica.
O come quando invita un ospite pirotecnico e poi lo caccia proprio perché questi recita la parte che ci si aspetterebbe da lui. Chi ha dimenticato questo siparietto con l’ex brigatista Raimondo Etro?
– ‘Scusi, può ripetere cosa ha detto di Daniela Santanché?’
– ‘Sì certo, ho detto che…’
… e seguono insulti irripetibili, roba da podio olimpico in onanismo compulsivo…
Il senso di Giletti per Salvini
Che dire poi dell’apparente ‘bromance’ fra Massimo Giletti e Matteo Salvini? A Non è l’Arena il segretario della Lega è di casa e le domande a lui rivolte non sono propriamente incalzanti. Talmente di casa che sui social è nato un tormentone polemico innescato da quanti la domenica arrivano a domandarsi ‘ma stasera c’è Giletti ospite da Salvini?’.
Ricordiamo quando il conduttore mandò i suoi saluti alla figlioletta del politico (‘Ciao da zio!’).
Che dire, dunque? Nulla. Non diremo nulla, perché Giletti si è già espresso a suo tempo respingendo ogni accusa di faziosità e sostenendo che non importa il numero degli inviti, ma il numero e il tipo di domande. Ecco, appunto…
I punti di forza di Giletti
Ma, come si sa, ciascuno ha i suoi punti di forza e i suoi punti di debolezza. E i punti di forza di Giletti superano di gran lunga i difetti della sua conduzione. Giletti ha ottimi tempi televisivi, presenza scenica, fiuto per gli argomenti, ha scelto con sapienza un’ottima squadra di autori e di inviati e soprattutto, come un mastino che non molla la presa, quando ha una buona storia (che in genere è una storia brutta, bruttissima) non lascia cadere l’argomento nel vuoto. Quando Giletti sposa una storia, è un matrimonio che dura per tutta la vita.
Qualche esempio?
La polemica fra Giletti e il Ministero della Giustizia sulle scarcerazioni facili e sulle modalità della mancata nomina del pm Nino Di Matteo al DAP ha contribuito ad affossare le quotazioni del ministro Alfonso Bonafede, poco dopo sostituito dalla titolatissima Marta Cartabia.
Giletti è stato poi fra i primi a raccontare come il tanto osannato ‘modello Italia’ nella gestione del Covid 19 fosse in realtà una macchina inceppata e piena di ombre. Giletti è stato colui che con maggiore energia ha difeso dal sopruso Ina, Anna e Irene, le tre sorelle Napoli che da anni sperimentano sulla loro carne l’ostracismo di centinaia di concittadini in un contesto in cui molti, ancora oggi come cinquant’anni fa, negano l’esistenza della mafia.
Il conduttore che sfida la piazza urlante del paese di Mezzojuso riporta alla memoria, mutatis mutandis, gli echi di certi esperimenti televisivi di Michele Santoro e Maurizio Costanzo ormai entrati nella storia della TV e del nostro disgraziato Paese. E a chi lo accusa di antimeridionalismo per i suoi servizi sugli sperperi in Sicilia e in Puglia, Giletti ricorda i servizi realizzati sul Trentino Alto Adige.
Eccetera, eccetera, eccetera.
Giletti insomma piace. Piace a se stesso, ma anche al pubblico, che è la cosa fondamentale. Anche, e non è da sottovalutare, perché rappresenta un’ottima alternativa all’eterna flemma di Giovanni Floris, alle strabordanti eruttazioni verbali di Mario Giordano, alle interviste (aperta ironia) scomode (chiusa ironia) del fratacchione Fabio Fazio, agli strepiti caciaroni degli ospiti di Paolo Del Debbio e al ferreo (!) rigore logico delle invettive di Nicola Porro.