Erminio Sinni: ‘Quando non ci credi più, le cose si avverano’, intervista

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Erminio Sinni, vincitore di The Voice Senior 2020

«Quando non ci credi più, le cose si avverano». Ad affermarlo è Erminio Sinni, vincitore di The Voice Senior 2020, uscito da poco con il nuovo singolo, Perdersi per sempre. La storia di Erminio Sinni potrebbe essere quella di tanti artisti e non solo che, per una serie di congiunzioni astrali, vedono la possibilità di realizzare i propri sogni allontanarsi giorno dopo giorno. Con una differenza: Sinni non si è mai arreso, ha continuato a sognare, ad alimentare quel briciolo di follia che lo accompagna da sempre, come racconta nel corso dell’intervista ad ApMagazine.it.

La sua Perdersi per sempre è una canzone carica di emozioni positive. Cosa l’ha ispirata?

«E’ stata ispirata dalla persona dalla persona con cui tre settimane fa sono finalmente arrivato all’altare. Nasce dalle sensazioni che mi ha provocato».

Perché dice finalmente?

«Perché non mi sono mai sposato. E’ un dono di Dio, una cosa inaspettata che è successa, fortunatamente. Quando non ci credi più, le cose si avverano, come è accaduto con The Voice».

Nella canzone c’è un verso che recita: ‘Far pace con la vita e con l’universo intero’. Si riferisce solo all’amore per la sua compagna o è un bilancio di vita?

«E’ anche un bilancio di vita. Ho fatto pace con l’universo intero. Quando ti senti allineato con tutto ciò che succede, con i pianeti, con quello che ti circonda, allora non hai contrasti e ti senti a posto».

La cosiddetta pace interiore?

«La felicità è questa, tutto il resto è polistirolo».

La felicità l’aveva già trovata o è arrivata adesso?

«Adesso. Sono reduce da otto convivenze. Le ringrazio tutte e otto anche per la sofferenza, perché mi hanno traghettato verso questa cosa bellissima».

Come si fa a continuare a credere nell’amore dopo otto esperienze sbagliate?

«Non sono sbagliate, è che certe cose finiscono o non sono mai iniziate. E’ merito della follia, Come si fa a credere ancora a 61 anni di poter fare il cantante?».

Ha fatto bene a crederci.

«Infatti sono contento di essere riuscito a mantenere quella giusta follia che si ha da piccoli».

Parlando di follia o passione coltivata negli anni, ha cantato per Frank Sinatra, ha partecipato a Sanremo ’94 e ha portato avanti una carriera all’estero. Poi cosa è successo?

«A Sanremo ’94 sono arrivato quinto contro una giovanissima Laura Pausini con La solitudine. La canzone si intitolava L’amore vero, era prodotta da Riccardo Cocciante e scritta interamente da me. Sono arrivato quinto, ho vinto due premi, uno per la miglior musica, l’altro per il miglior testo. Poi il rapporto con Cocciante è finito e mi sono ritrovato a cercare di proseguire la mia carriera. Non è stato semplice, però mi sono rimboccato le maniche e sono ritornato a fare il pianista di piano bar, tant’è vero che mi reputo un pianista di piano bar che scrive canzoni».

Nel 2018 ha partecipato alle selezioni rumene dell’Eurovision Song Contest. Nemo propheta in patria?

«Il problema della patria si può anche rinchiudere nel nemo propheta in regione, provincia, comune o frazione (ride, ndr), però penso che ci sia un momento per tutto, è come il matrimonio. Quello che è successo in Romania è stato meraviglioso perché abbiamo rischiato di rappresentarla all’Eurofestival e sarebbe stata una cosa strana. La ricordo come un’esperienza bellissima. L’anno dopo sono tornato in Romania per fare il giudice al Cerbul de Aur, il festival più importante dell’Est europeo».

Cosa ha rappresentato The Voice Senior?

«Una conferma per me stesso perché tutti gli anni non persi, ma che pensavo di aver perso sopra un pianoforte – come diceva Lucio Dalla – lasciandoci dentro anche le dita, sono valsi tutta la pena. E, allora, continuare a insistere grazie a quel pizzico di follia era la cosa giusta. La soddisfazione più bella è l’affetto delle persone che incontro. Non ha prezzo, non c’è cifra che possa equivalere a tutto quello che mi succede intorno».

C’è stato un momento in cui ha creduto che potesse vincere?

«No, no. Vista anche la delusione del Festival di Sanremo, stavo molto concentrato sul qui ed ora. C’era il lockdown, eravamo tutti chiusi nei camerini, ognuno per conto suo, e non avevo la percezione di cosa stesse accadendo. Mi sono reso conto di tutto dopo la vittoria».

Cosa l’ha spinta a partecipare?

«Innanzitutto il fatto che sei sempre sotto giudizio. All’inizio non sapevo che fosse una trasmissione della Rai né tantomeno The Voice. Non mi era stato detto. Poi, quando hanno annunciato che saremmo stati chiusi tutto l’inverno (per via delle restrizioni a causa della pandemia, ndr) ho pensato a salvaguardare la psiche, volevo tenere la testa occupata. Sono andato ed è stata la scelta migliore che potessi fare».

Cosa pensa della nuova edizione di The Voice Senior?

«Ho tanti amici tra i concorrenti. Sono contento perché ho capito che con la mia piccola partecipazione ho dato la speranza a tanti altri che all’inizio mi avevano criticato, ma poi hanno preso la stessa strada».

La criticavano per via dei pregiudizi?

«Sì, mi dicevano: dove vai? Che fai? Poi alla fine stanno tutti lì».

Una bella rivincita.

«No, sono contento di aver dato a tanta gente, che pensava che la vita fosse finita, la possibilità di avere un sogno».

Questo nuovo percorso discografico le sta regalando soddisfazioni?

«Sì. Dopo i due album registrati a Buenos Aires con i jazzisti, sono tornato al vecchio pop, quello di cui credo ci sia bisogno in questo momento. Abbiamo bisogno di colori, di aria, di fiori, di vita, di respirare le cose belle. Penso che questo messaggio di positività sia valido».

E’ lo sguardo positivo sulla vita ad averle dato la forza di continuare a credere nel sogno in tutti questi anni?

«Beh, sì. Il fatto di continuare a credere e a non darmi per vinto ce l’ho di carattere, però credo anche che esista un’entità superiore chiamata Dio, che mi ha che mi ha guidato e protetto in tutti questi anni».

Al momento della premiazione il direttore di Rai 1 Stefano Coletta ha detto: ‘Non è mai troppo tardi per un’infanzia felice’.

«Devo dire che sono stati bravissimi, sia la Fremantle (società produttrice del programma, ndr) sia la Rai, i coach, la Clerici, tutti. Hanno tutelato davvero tutti noi, le nostre storie, in una maniera incredibile. I coach ci hanno fatto sentire dei colleghi, non giudicati».

A differenza della versione tradizionale, The Voice Senior è un successo enorme. Forse il pubblico, oltre alle doti canore, premia anche le storie. 

«Sì, e rispetto alle persone della mia età, aggiungo che è tutta gente che ha imparato a cantare quando o sapevi cantare o stavi zitto. Avevamo punti di riferimento erano Joe Cocker, Sting, i Beatles, Frank Sinatra, Jimi Hendrix, Elton John, Peter Gabriel. Come gavetta c’è questo e si sente».

Cosa pensa del mondo discografico attuale? 

«Sento molte bellissime voci che hanno qualcosa da raccontare. Una bella voce che non ha niente da raccontare è inutile. Non basta essere intonati».

Oggi si premia l’artista o il prodotto? 

«Ormai si è rivoltata la frittata, cioè sei bravo perché famoso e non famoso perché bravo. Alcune cose non le ascolto, anche se provo a capirle, ma sono di un’altra generazione».

Le piacerebbe tornare a Sanremo?

«Sì, ci ho provato anche quest’anno. Dal ’93 in poi ci ho provato tutti gli anni».

Batte il record dei Jalisse, esclusi da 25 anni. Lei manca da 27.

«Ho iniziato da molto prima, ma va bene così, ci sarà tempo anche per questo».

La rivedremo sul palco di The Voice Senior?

«Spero di tornarci per la finale».

Photo credits: Giacomo Nicita

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