L’Amica Geniale 3, recensione del finale di stagione

La recensione della serie di Rai 1 con Gaia Girace e Margherita Mazzucco.

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L’Amica Geniale 3 si è conclusa domenica 27 febbraio. La quarta e ultima puntata della serie, in onda in prima serata su Rai 1, ha messo un punto al terzo volume della trilogia targata Elena Ferrante con protagoniste Elena e Raffaella, ovvero Lenù e Lila, due amiche per la pelle sin dall’infanzia, che in questi nuovi episodi sono a un punto di svolta importante sia per le loro vite sia per la loro amicizia.

La trama de L’Amica Geniale 3

Ne L’Amica Geniale 3 – Storia di chi fugge e di chi resta, Lenù e Lila danno inizio a una nuova fase. Lila lavora nella fabbrica di Soccara, fatica a sbarcare il lunario ed è stremata dalla fatica. Talmente stremata da avere un crollo psicofisico.

Lenù pubblica il primo romanzo, ma fatica a trovare la giusta ispirazione per il secondo. Nel mentre sposa Pietro Airota e, poco dopo, diventa madre di Adele detta Dede e Elsa. Conduce una vita borghese, divisa tra la casa di Firenze e le vacanze estive in Versilia. Il rapporto con Lila si incrina e le due metà della stessa mela finiscono per allontanarsi e gli scenari si capovolgono.

Dopo aver lasciato la fabbrica di Soccaro, infatti, Lila inizia a lavorare alla IBM. Lo stesso fa Enzo e la prospettiva di un vita migliore è sempre più vicina. Purtroppo, però, il richiamo del rione è forte e Lila accetta una proposta di lavoro da parte di Michele Solara. I Solara, però, tornano a far parte anche della vita di Lenù perché la sorella Elisa intraprende una relazione con Marcello Solara.

Elena mostra i primi segni di insofferenza sin dall’inizio del matrimonio, ma col passare degli anni, l’escalation accelera fino a quando decide di lasciare Pietro. Come accade nel libro, lo fa alla fine, dopo aver incontrato Nino Sarratore. Nino torna nella vita di Lenù nei panni di un affermato accademico, diventato amico del marito. Poco alla volta, si inserisce nella routine familiare, fino a far capitolare Elena. Alla fine, scappano alla volta della Francia, prima, e di una nuova vita insieme subito dopo.

Gaia Girace e Margherita Mazzucco,

Gaia Girace e Margherita Mazzucco, le attrici che interpretano rispettivamente Lila e Lenù, si sono dimostrate all’altezza del ruolo. Bravissime, credibili, hanno riempito la scena con battute forti la prima e sguardi intensi la seconda. Purtroppo non saranno nella prossima stagione, ma già la conferma nel cast della terza è stato, per certi versi, un azzardo. Nonostante la bravura, infatti, Girace e Mazzucco sono due ragazze di 18 e 19 anni. L’Amica Geniale 3 parte dai loro 25 fino ad arrivare a poco dopo i 30. Sebbene il trucco, gli abiti e la capacità attoriale delle attrici aiuti, a volte ci si trova davanti a un effetto straniante.

Effetto visivo a parte, la loro performance è strabiliante. I loro volti sono ipnotici. Ogni battuta, ogni sguardo, ogni inquadratura attira il telespettatore, lo cattura, per liberarlo solo a fine puntata.

La regia di Daniele Luchetti

Per quanto concerne la resa scenica della storia in sé, le riflessioni sono diverse. Certamente un plauso va alla regia di Daniele Luchetti. Subentrare in un progetto di grande successo non è cosa semplice, ma ci riesce grazie ad alcune scelte precise. Tra queste, l’attenzione riservata ai colori, al contrasto tra luce e ombra, agli sguardi eloquenti e, in generale, alle inquadrature che in pochi secondi raccontano una storia, il suo contesto e le sue sfumature.

Recensione de L’Amica Geniale 3

Per quanto concerne la sceneggiatura, L’Amica Geniale 3 risulta meno convincente delle due stagioni precedenti. Sebbene la serie ricalchi i fatti narrati nel libro, la trasposizione lascia a tratti a desiderare.

La storia di Lenù e Lila è inserita in un contesto storico ben preciso. Tra gli anni ’60 e ’70, l’Italia è attraversata da uno stravolgimento economico, politico, sociale. Sono gli anni del Boom, ma anche del terrorismo. Del riscatto, ma anche di una società maschilista. Il Paese sta cambiando e, all’interno di questo cambiamento, si incastonano le vite di Lila e Lenù.

Se nella prima parte de L’Amica Geniale 3 le tematiche sociali sono affrontate, esplicitate e raccontate, nella seconda fungono da mero contorno. Fanno da sfondo senza nulla aggiungere alla narrazione. Nei primi episodi c’è la lotta di Lila nella fabbrica di Soccara, con le mani ferite, i capelli lerci e le occhiaie. Gli abusi da parte dei colleghi e del proprietario della fabbrica. I primi scontri tra comunisti e fascisti, la lotta sindacale, la rivoluzione studentesca, la pillola anticoncezionale e tutto ciò da cui gli anni ’60 e ’70 sono stati attraversati.

Nella seconda metà della terza stagione, gli eventi sociali non sono più parte integrante del racconto, ma dettaglio a latere. Anche la figura della donna, fiera e indipendente, finisce per ripiegarsi su sé stessa e rientrare nel cliché della arrampicatrice in cerca di buone occasioni.

Lenù e Lila sono due parti della stessa mela. Forse perché anime gemelle o forse perché nate nel rione. L’Amica Geniale 3 evidenzia che puoi portare Lila e Lenù fuori dal rione, ma non potrai mai portare il rione fuori da Lila e Lenù. Per chi ci è nato e cresciuto, il rione è la più grande condanna, ma anche il porto sicuro. Lila decide di tornare e di mettere la propria intelligenza al servizio dei Solara, gli acerrimi nemici. In cambio avrà denaro e potere. Potrà finalmente affermarsi in quel mondo da sempre ostile.

Lenù, invece, dal rione va via, ma non riesce a smarcarsene del tutto. Sposa Pietro, diventa la signora Airota, entra a far parte dell’alta società fiorentina. Dopo la pubblicazione del primo romanzo, va a caccia di idee valide per il secondo, ma si perde. Mette al mondo le figlie Dede e Elsa, ma il ruolo di mamma e moglie le sta stretto. La frustrazione si ripercuote sul rapporto con Pietro, ma è l’arrivo di Nino a spazzare via tutto ciò che ha costruito. Il rione torna a far visita e anche Lenù capitola.

La debolezza dei dialoghi

Nel seguire le vicissitudini del libro, L’Amica Geniale 3 decide di focalizzarsi, nella sua ultima parte, solo sul rapporto tra Lenù e Nino. I dialoghi dell’ultima puntata, in particolare, risultano poco equilibrati. Frasi importanti, concetti che hanno segnato un’epoca, affidati a un breve dialogo biascicato tra Elena e la cognata Maria Rosa. Allo stesso tempo, nel corso delle puntate tutto il racconto storico-politico viene spostato sempre più ai margini, per concentrarsi sulla storia d’amore tra Lenù e Nino.

Una scelta precisa, che leva spessore al racconto poiché la rappresentazione dell’Italia negli anni in cui è ambientato è uno dei fattori che hanno contribuito al suo successo. Di conseguenza, affidare la rivoluzione culturale a qualche dettaglio per lasciare posto alla storia d’amore tra Lenù e Sarratore sposta L’Amica Geniale sul binario delle fiction sentimentali.

Il personaggio di Lenù

L’Amica Geniale è un titolo di grande successo di Rai 1 e per la sua terza stagione ci si aspettava l’asticella ancora più alta. Invece, si perde sul finale. Come se a emergere non fosse lo stato d’animo frustrato di Elena, che trascorre una vita in attesa del suo primo amore, ma la banale storia di una annoiata donna borghese.

In alcuni frangenti, poi, la pacatezza estrema di Lenù è surreale. Un esempio su tutti, la scena in cui perde di vista la figlia Dede e il figlio di Lila, Gennarino. Anziché agitarsi, disperarsi, chiedere aiuto, girovaga per oltre un’ora su e giù per la spiaggia in attesa di ritrovarli. Insomma, L’Amica Geniale 3 manca di forza, in particolare nella seconda parte, quando la narrazione si incentra solo sugli affari di cuore di Elena.

Il ritorno di Nino Sarratore è uno tsunami, ma questo tsunami, anziché travolgere tutto ciò che incontra, arriva e va via come se avesse la forza di un’onda che si arresta un attimo prima dell’impatto. Pietro finge di non vedere, Elena fa leva sul proprio egoismo e anche davanti all’insulto di Lila (‘Sei solo una cretina’), non fa un plissé. Non c’è tensione, disperazione, ma solo la realizzazione del sogno adolescenziale o forse del grande amore, vissuto sulla corde del batticuore. Un po’ poco per un personaggio che ha fatto della propria profondità l’elemento fondante di tutto il racconto.

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