Unorthodox, su Netflix la serie TV inno alla libertà

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unorthodox Netflix Shira Haas

Tra le novità del catalogo Netflix di queste ultime settimane spicca Unorthodox, la serie TV ispirata alla storia di Deborah Feldman, autrice del libro autobiografico Ex ortodossa. Il rifiuto scandaloso delle mie radici chassidiche. La protagonista è Esther Shapiro, detta Esty, una ragazza appartenente alla comunità Satmar, frangia ultraortodossa della religione ebraica. La serie si apre con la fuga di Esty da Brooklyn verso Berlino, dove proverà a ricostruire una nuova vita.

Unorthodox, sinossi

Sin dalle prime immagini, Unorthdox rende bene l’idea di quello che racconterà nei quattro episodi di cui è composta. L’excursus narrativo si può riassumere così: fuga di Esty, flashback per spiegarne la storia, ricerca di sé, possibilità di una nuova vita.

Inoltre, a fare da sfondo vi è la comunità chassidica Satmar, vi sono i dettami che la governano, vi è una lingua – l’yiddish – che equipara i chassidici alle altre comunità stanziatesi in territori stranieri (si pensi, ad esempio, agli italiani di Little Italy agli inizi del XX secolo). Con una differenza: qui si agisce – rectius, non si agisce – per via delle rigide regole cui attenersi pedissequamente. Regole che castrano la libertà individuale. Quella libertà che Esty insegue e finalmente trova in Germania.

Esther ‘Esty’ Shapiro, protagonista di Unorthodox

Esty ha diciannove anni, un marito ed è incinta del primo figlio. Sin da bambina, viene definita strana, diversa. In effetti lo è. Sebbene allevata tra le quattro mura della comunità Satmar, sviluppa presto un proprio senso critico, una propria libertà, un bisogno scalpitante di ribellione che la porta ad architettare la propria fuga. Consapevole che lasciare Brooklyn equivalga a uno strappo definitivo con la sua vita fino ad allora: il ricordo dell’Olocausto è ancora vivido nella comunità e non rispettare le regole equivale a non rispettare i morti. Per chi si oppone, il prezzo da pagare è l’ostracismo.

La rocambolesca ricerca di se stessa attraverso la ricerca della madre la costringe a entrare in contatto con un mondo diverso, distante da quello di cui fa parte, ma certamente intrigante. Attraverso le immagini di Berlino e le storie di chi la vive, Esty impara a guardare il mondo con occhi nuovi. Con uno sguardo nuovo, lo sguardo di chi ha sempre saputo che, oltre ai vestiti scuri e a una società patriarcale, è dell’altro.

Nell’arco narrativo, Esty si affaccia al nuovo mondo, acquista consapevolezza, abbandona le proprie paure e inizia a vivere come una ragazza del XXI secolo. Il ‘Nuovo Mondo’ ha il sapore di una boccata fresca, ha il sapore di libertà.

Il potere delle immagini

L’immagine accompagna il racconto e spesso si sostituisce al racconto stesso. Il fotogramma più forte è nel primo episodio, quando nel lago di Wannsee toglie la parrucca e si lascia cullare dall’acqua.

Il lago è quello della Conferenza di Wannsee, che il 20 gennaio 1942 diede il via allo sterminio degli ebrei. Un luogo che rappresenta il conflitto più grande: da un lato, il dolore per una ferita mai rimarginata; dall’altro, la voglia di andare avanti.

L’immagine del suo corpo che galleggia libero da castrazioni e costrizioni è la risposta. 

Il successo di Unorthodox e di Shira Haas

Esther Shapiro è interpretata dall’attrice israeliana Shira Haas, 24 anni. Definirla brava sarebbe riduttivo. Haas possiede una eccezionale mimica facciale, è credibile, calata perfettamente nel personaggio.

I don’t think it’s a story about the existence of God or something like that, it’s more about the right to have your voice (Non penso che sia una storia sull’esistenza di Dio, ma sul diritto di affermare la propria voce)’, dichiara nello speciale sul backstage disponibile su Netflix.

Ed è così. L’esistenza di Dio non è messa in discussione né è criticata la rigidità della comunità Satmar. Esty compie un viaggio alla ricerca di se stessa e del proprio posto nel mondo. Non vi è un giudizio morale, quantomeno non esplicito; allo spettatore è rimesso il potere di critica e di lettura.

La bravura di Shira Haas sta nel rappresentare alla perfezione i molteplici, repentini, stati d’animo e l’impercettibile ma inesorabile cambiamento che attraversa la protagonista. Poco più di una bambina nel primo episodio, una giovane donna ai titoli di coda.

La ricerca della libertà

Di certo, Unorthodox è un inno alla libertà. Di vivere in una comunità chiusa, come no; di accettare un matrimonio combinato o di innamorarsi di chi non appartiene alla comunità; di trascorrere la propria esistenza a Williamsburg o in una metropoli vivace; di vivere nel passato o scegliere la contemporaneità. Di vivere appieno la propria vita o di lasciarsi attraversare dagli eventi.

Il diritto di affermare la propria voce è esplicitato nel canto yiddish che Esty intona all’audizione. Una scelta non casuale, che racchiude una forte dicotomia: radici e ali. La forza di non rinnegare il passato e il bisogno di vivere il presente.

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