Cronaca nera, narrazione mediatica oltremisura

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Mala tempora currunt. In tutti i sensi. La cronaca nera ha invaso la televisione. Entra nelle case accompagnata da un’orda di conduttori, giornalisti, opinionisti, tutti simil-detective con la presunzione di poter dipanare e risolvere il delitto di turno.

Si impiantano dibattiti, deduzioni, ricostruzioni, si cercano moventi a tutti i costi, si fanno congetture non veritiere ai fini della soluzione del fattaccio. La cronaca nera è spalmata nei palinsesti di tutte le ore, dal mattino a sera tarda. I programmi televisivi che la trattano si impongono in ogni ora del giorno. Ore di trasmissione per trovare presunti colpevoli.

La spettacolarizzazione della cronaca nera

Anche programmi notoriamente di intrattenimento virano molto volentieri verso la spettacolarizzazione di casi di nera e per giorni e giorni ripropongono la stessa solfa. I conduttori – giornalisti o sotto testata giornalistica, come più e più volte tendono a sottolineare, quasi fosse una legittima giustificazione – sguinzagliano una pletora di inviati nelle zone interessate.

Questi vengono spediti a intervistare amici, famigliari, conoscenti e chiunque sia in grado di aggiungere un tassello. Raccolgono una mole di pensieri ad uso di opinionisti o pseudo esperti che si sentono legittimati a dare una personale ricostruzione, prescindendo dal lavoro serio e certosino della magistratura.

Più volte si è sentito dire ‘il processo si fa in tribunale, non in televisione’, ma si continua ad assistere alla celebrazione mediatica della morte, ancora meglio se efferata. Questo modus operandi ha preso il via dal delitto Scazzi, anche se negli anni passati si era assistito al caso Cogne e, ancora prima, al recupero in diretta TV di Alfredo Rampi nel pozzo di Vermicino.

Da Avetrana in poi, si è scoperto che anche un orrendo delitto, come l’uccisione di una ragazzina, porta ascolti. Si possono costruire pagine di programmazione per giorni, portando sul piccolo schermo quei personaggi che ruotano attorno al mondo della vittima. Personaggi che si danno in pasto alla TV, ricercati dalle varie reti a cui rilasciano dichiarazioni, un ricordo, un commento, un appello, pur di apparire.

Ci si chiede: assistere a continue ricostruzioni di cronaca nera, quale aiuto può portare al telespettatore? Può condizionare menti già molto labili? Oppure tende a soddisfare la voglia di curiosità e di voyeurismo del pubblico? Offrire un racconto frammentato alla stregua di un feuilleton, provoca nello spettatore quella curiosità tipica di chi si affeziona ai protagonisti di una soap opera?

Viviamo un tempo difficile sotto diversi aspetti: lavoro, famiglia, politica, pandemia. Non sarebbe il caso che la televisione alleggerisse il quotidiano del telespettatore, riscoprendo la funzione che le è propria, ossia informare, ma anche intrattenere?

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