Jovanotti non vuole cambiare pianeta: il docutrip su RaiPlay

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Jovanotti non voglio cambiare pianeta

Quando lo scorso febbraio Amadeus e Fiorello annunciarono dal palco del Teatro Ariston che Jovanotti non sarebbe stato ospite al Festival di Sanremo, da più parti si insinuò che la sua assenza fosse dovuta al veto di Claudio Cecchetto. Jovanotti, invece, era in Sud America, alle prese con il viaggio, quello che va intrapreso almeno una volta nella vita.

Non voglio cambiare pianeta è il titolo che il cantante ha dato al docutrip di cui è protagonista, pubblicato il 24 aprile su RaiPlay. 4000 km percorsi in bicicletta, dal Cile all’Argentina, raccontati in sedici puntate da circa 13 minuti ciascuna.

Dal Jova Beach Party al viaggio in solitaria

Dopo il Jova Beach Party della scorsa estate, Jovanotti si cimenta in un’impresa fisica di non poco conto, ma a rilevare non è lo sforzo. La pedalata è il mezzo, il racconto è il fine. La pedalata, come metafora delle fasi della vita, ben si innesca con i paesaggi mozzafiato di ogni tappa.

‘Una pedalata alla volta. Non so come sarà la strada, non so quanta salita trovo’, ripete spesso. Il viaggio parte subito con il racconto di Marco Pantani e si allarga verso la paura del giudizio: ‘Spesso ci salva avere delle persone che ti amano: la famiglia, una donna, un compagno, chiunque sia’. Per poi spostarsi su Tiziano Terzani, il primo degli scrittori che, tappa dopo tappa, citerà. Borges, Bukowski, Conte, Neruda: ogni puntata si conclude con un loro pensiero, una citazione, una riflessione.

Il ‘trip’ di Jovanotti

Le riflessioni sulla natura e sulla condizione dell’uomo sono parte integrante del viaggio. Un viaggio più mentale che fisico, un trip – come lo definisce Jovanotti – a tratti psichedelico. Stupefacente, ma scevro da sostanze stupefacenti. ‘Mi son fatto un gran trip. Non so cosa mi porterà questo viaggio, ma sento che è stato importante’, confessa.

Jova celebra la bellezza e la grandezza della natura e di tutto ciò che essa offre. ‘Non voglio cambiare pianeta’ diventa quasi un mantra. Tra città colorate e paesaggi incontaminati, pedala verso la meta: un orizzonte ignoto rincorso attraverso la riscoperta delle cose semplici, troppo spesso dimenticate. ‘Back to the roots’, suggerisce, ‘il sole, l’amore, viaggiare, la musica, studiare, incazzarsi, dimenticare, lasciarsi andare’.

Ecco la formula perfetta per amare o ricominciare ad amare il pianeta.

Il viaggio come metafora

‘Queste strade fanno emergere una specie di meraviglia del cuore, è dura. Sali e scendi, sali e scendi’. Le considerazioni di Jova tra una tappa e l’altra sembrano riferirsi alla vita. Il viaggio diventa metafora della stessa e i percorsi in sella alla bicicletta sono le tappe che chiunque affronta durante la propria esistenza.

‘Quello che sto facendo in questo viaggio è un approfondimento di certe domande. Risposte non ne ho. Penso che dobbiamo assolutamente escogitare il modo per stare dentro la paura in quanto essere umani senza essere un danno per questo cazzo di pianeta che amiamo. Non dobbiamo idealizzarla, dobbiamo studiarla, sentirla, viverla, impararla’.

E poi, ‘ogni giorno è un nuovo inizio, un nuova pedalata’.

L’esperimento

Se a livello televisivo il concetto di viaggio non è nuovo (si pensi, ad esempio, ai programmi che trovano la propria essenza nel reportage, come Kilimangiaro), sono due gli elementi che danno forza al progetto: la presenza di Jovanotti e il momento storico in cui si inserisce.

Lorenzo Cherubini non è il viaggiatore sconosciuto che filma il proprio viaggio e lo concede a un programma. È un artista che decide di comunicare non solo con la musica, ma anche con altri mezzi.

Poi, il momento storico. La pedalata è durata quaranta giorni, tra gennaio e febbraio, un attimo prima che tutto cambiasse. ‘Ero partito per prendere le distanze da tutti. Sono tornato che dovevo stare distante dagli altri per legge. Il mondo è stravolto, è cambiato. Sono passati solo 4000 km, ma sembra tutta un’altra storia’, dichiara.

L’auspicio di Jovanotti è che Non voglio cambiare pianeta diventi ‘una pedalata di evasione, un tempo di sogno in questo tempo sospeso, uno sguardo verso il futuro, un abbraccio collettivo, a chi amiamo e al nostro pianeta’.

Di certo, è un modo per riflettere e continuare a viaggiare pur rimanendo a casa. In attesa che questo tempo sospeso svanisca e il futuro ci accolga a braccia aperte. E con lo zaino in spalla.

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