L’Ultimo Paradiso, Netflix: capolarato e soprusi nel film con Riccardo Scamarcio

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La campagna pugliese degli anni 50 è lo scenario che accoglie i protagonisti de L’Ultimo Paradiso, film con Riccardo Scamarcio, Gaia Bermani Amaral, Antonio Gerardi e Valentina Cervi, disponibile su Netflix. Capolarato, maschilismo, patriarcato, sfruttamento, soprusi, sopraffazioni, violenza sessuale e non sono gli elementi portanti della pellicola.

La trama de L’Ultimo Paradiso

Basato su una storia vera, Ciccio Paradiso (Riccardo Scamarcio) è un sognatore, che spera in un mondo più giusto di quello che l’entroterra pugliese di quegli anni riserva. Nel mentre, affina le sue doti di tombeur de femme con diverse donne del paese, fino a cadere tra le braccia di Bianca (Gaia Bermani Amaral). Ciccio, però, è sposato e Bianca è la figlia di un deprecabile proprietario terriero (Antonio Gerardi) con cui non scorre buon sangue. I due si innamorano perdutamente, ma sono costretti a vivere nella clandestinità fino a quando la storia non diventa di dominio pubblico.

gaia bermani amaral l'ultimo paradiso

Un racconto crudo

Ne L’Ultimo Paradiso, però, il romanticismo fa solo da contorno. Il film fotografa uno scenario parecchio più ampio, ovvero quello delle campagne del sud Italia degli anni 50. Un contesto difficile, in cui emerge la povertà estrema in cui erano costretti a vivere i contadini. Una società dove nel concetto di ‘roba’ rientrano le cose materiali, gli animali, ma anche le persone. Una società maschilista e patriarcale in cui le donne sono obbligate al silenzio, dedite alla casa, ai figli e a un immenso spirito di sacrificio e sopportazione.

Nonostante ciò, la figura della donna fa da contraltare a quella maschile. L’Ultimo Paradiso è anche una storia di riscatto, quantomeno di speranza di riscatto. Bianca si batte per il suo amore, sfida il padre e le logiche maschiliste, prova a rimboccarsi le maniche e non cede ai soprusi, costi quel che costi.

riccardo scamarcio e gaia bermani amaral l'ultimo paradiso

Il film mostra in nuce anche la differenza tra nord e sud che iniziava a intravedersi. Un contrasto crudo, netto, a sottolineare la distanza tra due parti di Italia che vanno a velocità diverse. Da un lato, il progresso; dall’altro, l’attaccamento a una società arretrata, incastrata nelle maglie della prepotenza, dell’arroganza, della legge del più forte.

Per dare vita ai suoi personaggi, L’Ultimo Paradiso si affida ad attori di tutto rispetto. Scamarcio, che firma la sceneggiatura, restituisce un ritratto forte di Ciccio. Antonio Gerardi è perfetto nel ruolo dell’arrogante proprietario terriero, Valentina Cervi bellissima e bravissima nei panni della moglie di Ciccio. La rivelazione è Gaia Bermani Amaral, la quale riesce a fare suo l’accento pugliese, risultando più che credibile. In generale, tutto il cast trasporta lo spettatore in un tempo passato, lontano, sconosciuto ai più, mostrandone crepe, difficoltà e ingiustizie.

Il monologo de L’Ultimo Paradiso

Centrale è il dialogo tra due personaggi (non li citiamo volutamente onde evitare spoiler) che in pochi secondi riassume a menadito la secolare condizione di impotenza in cui gran parte dell’Italia ha vissuto.

‘Chi semina spine non può camminare scalzo’.

‘Lei se la prende con queste persone da sempre rassegnate a subire, a essere schiacciate da esseri come lei, divorati dalla vita. Dovrebbe imparare a godere della felicità della gente, non della sua miseria. Questa terra è ricca abbastanza per soddisfare tutti, ma questo purtroppo lei non lo può capire. Lei crede di avere potere, ma si sbaglia, sono loro ad averlo’.

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