L’Assedio, Daria Bignardi prosegue con…Le Invasioni Barbariche

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Mercoledì 21 ottobre su Nove ha debuttato la seconda edizione de L’Assedio, condotto da Daria Bignardi. Prodotto da ITV Motive, è firmato da Daria Bignardi e Giovanni Robertini, con Federica Campana, Silvia Righini e Chiara Schiaffino. La regia è affidata a Cristiano D’Alisera.

Ancora una volta, al centro del dibattito, la stringente attualità, raccontata attraverso la testimonianza di esperti e personaggi in ascesa. Un parterre ricco di ospiti e una band che suona dal vivo, guidata da Lucio Corsi. Gli ingredienti per una ricetta perfetta ci sono tutti.

Gli ospiti della prima puntata de L’Assedio

Il primo ospite è il Professore Massimo Galli, responsabile del reparto Malattie Infettive dell’Ospedale Sacco di Milano. L’intervista è una sequela di domande sull’emergenza COVID-19, che trovano tante risposte in modo pacato, ma soprattutto chiaro. Un’apertura giusta, in linea con il momento storico, in cui non vi è ricerca dello scoop.

Daria Bignardi dà poi il benvenuto a Stefano Mancuso, il botanico ‘che sussurra alle piante’, Selvaggia Lucarelli, forse per la prima volta senza corazza, Skin, Zerocalcare e Francesco Bianconi. Il format, seppure con qualche innovazione, si presenta speculare alla scorsa stagione e, in generale, ai programmi firmati Bignardi, Le Invasioni Barbariche in primis.

Gli ascolti della prima puntata

Ed è proprio questo il punto. Nonostante il cambio di rete e di nome, L’Assedio è Le Invasioni Barbariche, solo riproposto altrove, come è accaduto nel 2009 con L’era glaciale su Rai 2. Adesso va in onda su Nove, una rete forse non ancora pronta per un format così consolidato. La prima puntata, infatti, ha ottenuto 236.000 telespettatori, pari all’1% di share.

Ascolti a parte, la vera forza del programma sono le interviste. Non solo per gli intervistati, ma soprattutto per la capacità di Daria Bignardi di condurle. Un botta e risposta diretto, ma cordiale, che non sfocia mai nel pruriginoso né nel troppo impegnato. È il trucco del mix and match, come dicono gli esperti di moda; dell’alto e basso, del miscuglio perfetto, cioè, per delineare il ritratto dell’ospite regalando al telespettatore qualche dettaglio non ancora emerso.

Vi è da dire che, tra il tizio che sussurra alle piante e quello vegano, per un attimo sembrava di esseri sintonizzati su Geo, ma la Bignardi si distingue da sempre per interpretare lo Zeitgeist, dunque nulla di nuovo. Allora cosa non funziona? Forse un mix and match troppo ampio, volti con pubblici troppo diversi che faticano a ritrovarsi in un unico programma. Forse una rete troppo giovane che non ha ancora trovato la sua identità. In televisione, però, non esiste una formula magica, se non quella di sperimentare e insistere.

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