Malika Chalhy, la raccolta fondi, la Mercedes e l’ebbrezza della popolarità

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Quando la storia di Malika Chalhy è diventata di dominio pubblico, in migliaia hanno partecipato alla raccolta fondi per darle la possibilità di ricostruirsi una vita. La 22enne, infatti, è stata cacciata di casa dai genitori perché lesbica. Un fatto aberrante che ha scosso le coscienze e interessato la stampa, che per settimane l’ha subissata di interviste.

E’ subito ospite in vari programmi, dal Maurizio Costanzo Show, in cui il conduttore si prodiga a lanciare messaggi contro l’omofobia, a Cartabianca con Bianca Berlinguer, Marco Liorni la invita a Italia Sì e così via per diverse settimane. Da lì alla popolarità il passo è breve. Sui social si crea un’ondata di solidarietà enorme, un sostegno morale ed economico.

Malika raccoglie 140.000 euro, una somma importante, che le servirà per ricominciare, lontano da quella famiglia che l’ha ripudiata. Nel turbinio del momento, la Chalhy dichiara che devolverà parte di quei fondi in beneficenza.

Il tempo scorre e Malika è ospite de Il Bianco e il Nero, talk show condotto da Gabriele Parpiglia, disponibile su LIVENow. Durante l’intervista, Parpiglia chiede lumi a Malika circa una segnalazione ricevuta da una collega. ‘E’ vero che hai acquistato un bolide?’. Malika risponde: ‘Stai scherzando? Queste persone, prima di dire le cose senza sapere, è bene che si informino, perché la macchina è sua (della fidanzata, ospite della puntata insieme a Malika, ndr)’.

Il giallo dell’auto

Mercoledì 30 giugno Selvaggia Lucarelli intervista Malika. La ragazza, interpellata su raccolta fondi e auto, racconta una versione dei fatti diversa. L’auto non è dei genitori della fidanzata, ma l’ha acquistata con parte dei soldi ricevuti. Alle domande su eventuali versamenti in favore di associazioni, tentenna, tergiversa.

Scoppia il caos. Su Twitter, gli stessi che l’avevano sostenuta, anche economicamente attraverso una donazione, si dicono delusi. Non per la spesa in sé, ma per aver mentito. Se Malika avesse detto subito cosa avrebbe fatto con quella somma, probabilmente sarebbe passato tutto in sordina. Invece Malika ha deciso di omettere, di non dire e di mentire a domanda diretta.

Malika, dal canto suo, offre la sua versione dei fatti via Instagram. ‘Gli articoli che sono usciti tra ieri e oggi mi hanno fatto stare male perché ricchi di cose non vere e raccontate male. Non ho comprato un’auto di lusso a vostre spese. Sono arrivata a Milano per ricostruire la mia vita al sicuro e lontano da chi mi ha messo paura, e non avendo l’auto di cui necessitavo per tutti gli impegni sociali e lavorativi che hanno riempito le mie giornate e soprattutto mi hanno portato a viaggiare in auto per ore, ne ho presa una, dando in permuta la mia (che ormai camminava a fatica), prendendone una di seconda mano. (…) Grazie per tutto da Malika, la ragazza che per un secondo vi ha toccato il cuore con la sua storia, la ragazza che farà di tutto per essere la voce di tutti voi‘.

Ecco, il punto sta tutto qui: ‘Ha toccato il cuore’, ed è vero. Con la sua storia Malika Chalhy ha intercettato inconsapevolmente la strada giusta per arrivare all’opinione pubblica. La sua testimonianza è diventata un monito contro l’omofobia e ha aperto un dibattito più ampio sul lavoro da fare, in modo particolare all’interno di tante famiglie.

Come può, però, essere ‘la voce di tutti’ se ancora prima di impegnarsi per una buona causa – per gli altri e non per sé – si è resa protagonista di uno scivolone che difficilmente potrà giustificare?

Adesso, poi, si rischia di confondere e deludere l’opinione pubblica, con la conseguenza che al prossimo caso di omofobia, discriminazione, violenza, nessuno si precipiterà a offrire sostegno, ma anzi faranno tutti spallucce.

Il caso Imen Jane Boulahrajane

Ha 22 anni, Malika, è molto giovane e purtroppo deve essersi fatta travolgere dall’ebbrezza della popolarità. Consenso social, interviste, riflettori, cachet, soldi. La stessa Malika che in un minuto ha perso tutto, il minuto successivo l’ha riguadagnato con gli interessi.

La sua storia ricorda quella di un’altra giovane rampante che ha mentito a quel pubblico che l’ha fatta diventare popolare, dunque personaggio, infine persona attendibile: Imen Jane Boulahrajane. Due storie tristi perché raccontate da giovani che dovrebbero aiutare i giovani. Invece, rischiano di arrecare danni a quei coetanei discriminati per l’orientamento sessuale o disperati perché alla ricerca estenuante del proprio posto nel mondo del lavoro. E a perderci, purtroppo, non sono le protagoniste del fatto increscioso, bensì il pubblico, che continua a seguire e sostenere chi ha sacrificato la sincerità per un pugno di followers.

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