HBO ritira Via Col Vento perché razzista: il fallimento del politically correct

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via col vento ritirato da hbo

HBO ritira Via col vento dal proprio catalogo HBO Max e la notizia fa il giro del mondo. La ragione è semplice: secondo Home Box Office, il film, pietra miliare del cinema mondiale, veicolerebbe messaggi razzisti. La decisione arriva nei giorni caldi delle proteste, nei giorni in cui il movimento Black Lives Matter ha trovato voce in tutto il mondo, nei giorni successivi alla morte di George Floyd. Il colosso statunitense riproporrà la pellicola con una spiegazione che aiuti a contestualizzare il momento storico in cui è ambientata.

Ciò a cui si assiste catapulta indietro nel tempo, negli anni ’90, anni in cui il razzismo era la prima piaga degli Stati Uniti. Ciò che è accaduto a Minneapolis e in tutto il Paese ben descrive la situazione reale, evidentemente diversa da quella edulcorata, mostrata in film e serie televisive. La sommossa popolare è giusta e doverosa. Speak up, verrebbe quasi da dire ripensando al movimento Me Too di pochi anni addietro. La discriminazione razziale è forse la più crudele e ingiusta tra le angherie partorite dall’essere umano.

Ciò che lascia perplessi, invece, è la decisione di HBO. Via col vento è un film del 1939, in Italia è arrivato nel 1951 e entrato da subito nella storia del cinema mondiale. Vivien Leigh e Clark Gable hanno guadagnato un posto nell’Olimpo delle celebrità Hollywoodiane. La pellicola, un successo planetario. La storia di Rossella e Rhett, poi, ha fatto sognare intere generazioni.

HBO: ‘Via col vento veicola contenuti razziali’

HBO punta l’accento sul rapporto con Mammy, rappresentante di una categoria per troppo tempo stereotipata, persino scimmiottata. L’azienda ha dichiarato che Via col vento ‘veicola pregiudizi etnici e razziali’. Il film è ambientato nella seconda metà dell’Ottocento, durante la guerra di secessione. I neri erano tutti schiavi, la schiavitù era una condizione naturale, perpetua. In una parola, una condanna.

Nel film di Fleming il rapporto tra padrone e schiavo è reso in modo edulcorato (nulla a che vedere con 12 Anni schiavo, ad esempio): Mammy è la serva fedele che non tradirà mai la sua padrona. Un affresco della società afroamericana indubbiamente limitato. Purtroppo, però, inerente alla realtà del tempo. La schiavitù è forse il punto più aberrante a cui possa spingersi un uomo. Una ferita che rimarrà per sempre nella storia dell’umanità e che sicuramente necessita di essere affrontata una volta per tutte.

Il sogno americano e la triste realtà

Il cosiddetto sogno americano assume ora contorni diversi: da europea, bianca, dunque privilegiata, ignara di cosa significhi essere discriminati a causa del colore della proprio pelle, il mio sogno americano è assistere a una completa integrazione. Tornare negli Stati Uniti e constatare che le comunità black non sono più relegate ai margini della società, che le possibilità siano davvero le stesse per tutti, che i principii alla base di un Paese democratico trovino piena corrispondenza nella realtà.

Allo stesso tempo, però, mi auguro anche che si ponga velocemente un freno all’ondata di distruzionismo imperante. Per tanto, troppo tempo il cinema ha descritto i personaggi neri in modo macchiettistico. Un problema affrontato anche di recente, ad esempio da Hollywood, la serie TV firmata da Ryan Murphy e targata Netflix. Distruggere adesso qualsiasi prodotto riveli una minima venatura razzista, sessista, discriminatoria significherebbe cancellare decine e decine di titoli, film, serie, libri che, volenti o nolenti, hanno fatto la storia.

Censura travestita da scelta democratica

Il negazionismo non va mai bene. Gli eccessi non vanno mai bene. Gli estremi non vanno mai bene. Il ritiro di Via col vento potrebbe apparire come una scelta democratica, invece è l’esatto contrario. I regimi censurano, non le democrazie. Il proibizionismo maccartista ha portato a una isteria di massa, l’Inquisizione ha provocato martiri, la caccia alle streghe al sospetto verso l’altro. Negli anni più recenti, l’estremismo islamico ha provocato decine di migliaia di morti. La storia dimostra i danni provocati dalla censura, di qualsiasi genere e tenore essa sia.

Il ritiro, una mossa ipocrita

Se ci si sente colpiti da Via col vento (Via col vento, il film che ha portato a casa 10 statuette, tra cui il Premio Oscar a Hatti McDaniel come migliore attrice non protagonista, prima donna afroamericana a vincere), allora per par condicio bisognerebbe ritirare tutte le pellicole razziste, maschiliste, sessiste. I film e le serie TV che non piacciono, che infastidiscono, che sono anche di rottura.

Pretty Woman racconta la storia di una prostituta che si innamora di un uomo ricco e potente. Proposta indecente la storia di una donna sposata che si concede a uno sconosciuto per denaro. Una idea folle al solo pensiero.

Il politically correct svuotato di significato

Bisognerebbe tenere presente che l’America non è l’America, quella America coacervo di vite a tinte pastello. È un Paese complesso, distante dalla fotografia di mondo perfetto che è stata in grado di propinare per oltre un secolo. Detto ciò, l’arte non va cancellata con un colpo di spugna. La storia è ciò che ci aiuta ad analizzare il presente. Se è vero che ciò che ci distingue dagli animali è la ratio, allora bisogna essere sufficientemente memori da non farci travolgere dalla rabbia, dal livore per una causa giusta, che rischia, però, di tramutarsi in mera esaltazione.

Come sempre, in medio stat virtus: la soluzione è nella moderazione. I corsi e ricorsi storici di Vico aleggiano come una spada di Damocle, la speranza è che la rabbia non accechi l’uomo. Cancellare la storia non sarebbe una vittoria per la comunità nera o per chiunque si senta colpito dagli sbagli del passato. Sarebbe il fallimento della società multietnica cui si aspira da anni, il fallimento del pensiero variegato, il fallimento dell’umanità.

Il politically correct è giusto solo se e quando non straripa in una folle piena che rischia di abbattere dighe, travolgere ciò che incontra sul proprio cammino, provocando danni ancora maggiori. Il razzismo è una questione, sì, politica, ma anche culturale, insita nella razza umana. Non sarà certo un film del ’39 ad arrecare danno a chi combatte tutti i giorni per far valere i propri diritti. La rimozione dei titoli dal catalogo HBO è un mero contentino, uno specchietto per le allodole che aiuta a spostare l’asse della questione, rischiando di banalizzarla.

La speranza è che nelle prossime settimane si continui a dibattere del diritto all’uguaglianza e non degli stereotipi rappresentati dal mondo del cinema e della televisione. Si riuscirà, almeno stavolta, a non buttarla in caciara? Chissà. ‘Dopotutto domani è un altro giorno’.

 

Photo credits: Instagram

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