Sanremo, abbiamo un problema. La meravigliosa edizione 2022 del Festival della Canzone Italiana, che mette tutti d’accordo sul piano degli ascolti e dei contenuti, ha solo una falla: le co-conduttrici. Esclusa Drusilla Foer, faro raggiante della terza serata, Ornella Muti e Lorena Cesarini hanno fatto le vallette.
‘Mon Dieu, che brutto termine!’, diranno i ben pensanti. ‘E’ la verità’, rispondiamo noi. Piaccia o non piaccia, hanno fatto quello che in passato hanno sempre fatto le vallette: presentare i cantanti in gara, scambiare qualche battuta con il conduttore, esibirsi in un numero più o meno riuscito.
Vallette soprannominate co-conduttrici
Nei giorni scorsi, come nel 2021, abbiamo sottolineato come anche le 5 compagne di viaggio di Amadeus ricoprano un ruolo che si avvicina più a quello di una valletta, al limite di un’ospite, ma non quello di co-conduttrice. Se non si vuole più utilizzare il termine valletta poiché considerato discriminatorio, allora bisogna far sì che le donne facciano qualcosa di davvero interessante. Presentare i cantanti e interpretare un monologo di cinque minuti – talvolta non riuscito – non è sufficiente.
La falla delle quote rosa a Sanremo
L’unica ad aver stupito positivamente fino ad ora è Drusilla Foer. E non è donna. Drusilla Foer, infatti, è l’alter ego dell’attore Gianluca Gori, che ha dato vita a questo personaggio strabiliante. Prima di essere tacciata di sessismo, maschilismo, retaggio patriarcale, eccetera eccetera, lo dico subito: sono una donna. Il fatto che sia donna, però, non mi impedisce di analizzare ciò che vedo e esprimere un giudizio. Le donne che partecipano al Festival di Sanremo sono mere comparse. In pochissime lasciano il segno.
Dunque la provocazione sorge spontanea: in un momento storico incandescente, in cui si chiede a gran voce la presenza in ruoli apicali di una donna in quanto tale, non sarebbe più opportuno puntare sul merito?
Drusilla Foer: ‘Sono per la meritocrazia’
Nella conferenza stampa di giovedì 3 febbraio, i giornalisti hanno chiesto ad Amadeus e a Drusilla di fornire una rosa di nomi femminili da candidare alla conduzione del Festival di Sanremo 2023. Al di là della caduta di stile nel chiedere al padrone di casa di sloggiare, è interessante la risposta di Drusilla. Si dice favorevole a una conduzione al femminile, a patto che le conduttrici candidate ‘siano brave a farlo. Io sono per la meritocrazia’.
Ecco centrato il punto. La meritocrazia, quella legge di civiltà a cui la società dovrebbe puntare per progredire. Il palco di Sanremo è, da sempre, il più difficile, il più temuto, il più rischioso. Chi accetta di calcarlo dovrebbe farlo perché consapevole delle proprie capacità, della propria caratura. Chi sceglie il cast, dovrebbe guardare a volti, nomi, personaggi davvero meritevoli.
Conduttrici meritevoli
La logica televisiva e il target di riferimento sono retaggi di una televisione in crisi da trent’anni. Presentare le co-conduttrici di turno con una sequela di aggettivi positivi non basta perché lo spettacolo su quel palco sia degno di essere definito tale. La TV è immagine, ma anche sostanza. E la sostanza in un evento come Sanremo non può rimanere incastrata in un abito e nella lettura del gobbo o di un cartoncino. La co-conduttrice deve essere in grado di condurre almeno quanto il padrone di casa o al limite fargli da spalla.
Si associa la penuria di nomi femminili forti al maschilismo della società, ma siamo sicuri che questo discorso valga anche per la televisione? In parte sicuramente sì, ma quello che abbiamo visto l’anno scorso e quest’anno lascia molto a desiderare. E’ sufficiente essere donna per calcare il palco dell’Ariston? La volontà di una presenza femminile a prescindere dai risultati non rischia di risultare altrettanto discriminatoria?
Escludendo Matilda De Angelis, Elodie e Drusilla Foer, tutte le altre donne sono passate sul palco senza lasciare il segno. Dalla amatissima Ornella Muti alla quasi sconosciuta Vittoria Ceretti, hanno fatto la loro passerella e come sono arrivate se ne sono andate.
Guardando a quest’anno, Drusilla Foer è stata l’unica all’altezza di quel palco e non è una donna. Quindi ci chiediamo: siamo proprio sicuri che le quote rosa a Sanremo funzionino? Forse le prime a fare una riflessione dovremmo essere noi donne, vittime del patriarcato, ma incapaci di prenderci la scena quando ne abbiamo la possibilità. Cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia. Dunque, gridare allo scandalo quando piovono critiche è inutile se le critiche arrivano per aver fatto le belle statuine.