C’è Tempo Per…, una inopportuna girandola di eccessi

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Si è concluso, lo scorso 18 settembre, C’è Tempo Per…, il programma della tarda mattinata di Rai 1 condotto da Beppe Convertini e Anna Falchi. Avrebbe dovuto passare il testimone ad Antonella Clerici e al suo È sempre mezzogiorno!, in partenza il 28 settembre, ma gli ascolti in caduta libera hanno spinto i piani alti della RAI ad anticiparne la chiusura di una settimana.

I limiti di C’è Tempo Per

L’improvviso risveglio del quartier generale di Mamma Rai ha messo fine a un inutile programma monotono, lento, senza brio. Forse si erano poste molte aspettative sui due conduttori, Convertini e Falchi, data la loro ultraventennale appartenenza al mondo dello spettacolo. O forse era giunto il tempo per dare loro una consacrazione alla conduzione (perché così qualcuno volle).

Allora perché non ha funzionato? La ragione è semplice. Non c’è stata alchimia né complicità o collaborazione. Entrambi alla ricerca del primo piano, del secondo in più da protagonisti, del fare qualcosa in più pur di mettersi in mostra.

Una girandola di eccessi

Girandola di eccessi in ogni senso, uso privato del mezzo pubblico, parlavano troppo di sé stessi, e delle mamme, e della figlia, e del nipote, e dei tempi che furono (quasi gloriosi, a sentir loro). Eccesso di ballo, di – finti – sorrisi continui, di tante parole inutili. Troppo di tutto.

E nel mare magnum del di più tout court, mancava la complicità necessaria tra colleghi che hanno il compito di traghettare un programma condiviso con lo stesso obiettivo. È stato come se, invece, Convertini e Falchi volessero guadagnarsi la ribalta in solitaria e dimostrare quanto sono bello/a, quanto sono bravo/a, per accattivarsi la simpatia dei telespettatori.

In sintesi, a C’è Tempo Per… è mancata la bravura professionale, quella che si richiede a chi conduce un programma sulla rete ammiraglia.

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