Quanti di noi, a distanza di anni, sognano il proprio esame di maturità o rivivono un brutto episodio accaduto tra i banchi di scuola? L’attore comico Gianluca Fubelli ‘Scintilla’ ha un ricordo ancora vivido della scuola, come racconta tra il serio e il faceto, nel corso dell’intervista rilasciata ad ApMagazine.it. Un ricordo che, in parte, si appresta a rivivere nella seconda puntata di Back To School, in onda martedì 11 gennaio 2022 in prima serata su Italia 1.
Cosa vedremo a Back To School?
«Vedrete un quasi cinquantenne in difficoltà. Hai davanti a te cinque maestri elementari serissimi, che non hanno nessuna voglia di buttare la situazione in caciara. La prima cosa che non hanno fatto è metterci a nostro agio (ride, ndr). Non sorridono, non salutano, ti guardano in cagnesco e ogni cosa che non sai te la fanno pesare con l’espressione facciale».
I bambini, invece, sono stati più clementi?
«I bambini sono la parte facile, perché sono belli, brillanti, svegli. Qualcuno è pure particolarmente sensibile. Hanno voluto essere trattati come maestri e preteso rispetto. Non posso spoilerare, ma chi li ha sottovalutati è stato bastonato».
Gianluca Fubelli come andava a scuola?
«A scuola ho avuto tanti problemi. Ho fatto le medie i cinque anni, avevo proprio un rifiuto. Prima del programma mi hanno dato delle cose da studiare, ma non l’ho fatto. A 48 anni ho provato esattamente lo stesso rifiuto che ho avuto da ragazzino».
Non ha superato il trauma?
«Esatto. E’ come se l’avessi dovuto rivivere pienamente».
Cosa ha provato?
«Tanto imbarazzo, perché ero veramente in difficoltà. Poi mi vergogno perché le domande erano veramente facili. E’ come a Trivial Pursuit: sai le cose, ma ti serve più tempo per trovare le risposte. Qui è stato uguale».
Questa difficoltà dipende dai docenti che ha incontrato, forse non particolarmente attenti?
«No, ci hanno provato a salvarmi, più di una volta. Mia madre era disperata, non riuscivo proprio a sbloccarmi, tanto che quando sono stato bocciato per la seconda volta in seconda media, mi ha detto: ‘Da oggi vai a lavorare’. Avevo 14 anni».
E’ stata un’imposizione sofferta?
«Non mi andava bene, ma per me la scuola era un blocco emotivo enorme, tant’è che ogni tot di tempo provavo a ricominciare, ma non rispettavo mai i buoni propositi».
Forse i professori non sono stati in grado di capire la sua difficoltà.
«Adesso si parla di disturbo dell’attenzione, di dislessia, si va a fondo dei traumi. Prima non era così, ti davano uno schiaffo e venivi mandato dal preside o dal bidello perché diventavi un elemento di disturbo. Forse avrebbero dovuto scavare più a fondo, ma in quegli anni non c’era quella sensibilità. Chi non voleva studiare era ribelle, maleducato, invece forse c’era qualcos’altro sotto e adesso quel mio modo di essere verrebbe valutato diversamente».
Al di là dl trauma del passato, è contento di aver partecipato a Back To School?
«Mi sono divertito tantissimo, quando guardi gli altri in difficoltà ti diverti. (ride, ndr). Da una parte ridevo, dall’altra ero terrorizzato da quando sarebbe arrivato il mio turno. Per fortuna ho trovato qualche ignorantello più di me, mi è andata bene. La faccia di Nicola Savino, poi, è tremenda perché ti guarda come per dire: ‘ma dai, questa è facile!‘».
Nel complesso com’è andata?
«Sono stati molto bravi perché, nonostante la situazione divertente con i bambini e il gioco, ti mettono in condizione di agitarti e sentirti sotto pressione come in un esame vero. Puoi sempre buttarla in caciara e fare una battuta, ma tutti quelli che hanno provato a sdrammatizzare, hanno peggiorato la situazione perché trovavano un muro davanti. La simpatia non rimbalzava, era controproducente».
Nella prima puntata Clementino non si è risparmiato con le battute. Replicherà?
«Sono stato un po’ più furbo, le battute le ho fatte ai bambini, ma non davanti ai professori. Almeno ho puntato sulla buona condotta».
E’ diventato uno studente modello?
«Ni, perché anche in questa occasione sono stato un disastro».
L’esperienza tra i banchi di scuola l’ha aiutata a diventare un comico, magari stimolando un bisogno di espressione?
«Forse sì, però non voglio dare un brutto esempio. La scorsa estate ero con mio nipote di 13 anni e con i suoi amici. Parlavamo del fatto che non volessero fare i compiti per l’estate. Ho preso me come esempio e ho detto loro di studiare altrimenti sarebbero diventati come me, cioè avrebbero avuto problemi con la conoscenza della lingua italiana, dei verbi, ma l’hanno presa come una cosa positiva. Per loro il fatto di lavorare in televisione è sinonimo di avercela fatta e non voglio essere portatore di questi messaggi».
Cosa spinge un comico a mettersi in gioco?
«Intanto quando Nicola chiama, Scintilla corre. Gli voglio troppo bene. Poi, c’è la voglia di lasciare sempre un bel ricordo. E’ la mia ansia, perché di bravi ce ne sono troppi. E’ lo stesso discorso della scuola: se, oltre a non essere bravo, lasci anche un brutto ricordo non va bene, ecco perché punto alla buona condotta, a fare una bella figura, che alla fine non ho fatto (ride, ndr). Scherzi a parte, cerco sempre di non snaturarmi, in tv mi sono trovato in situazioni in cui mi sono sentito un pesce fuor d’acqua, infatti non mi hanno più chiamato (ride, ndr)».
Chi ci sarà in aula ad assistere al suo esame?
«C’è Steve, uno dei miei ex colleghi dei Turbolenti. Quando mi sono trasferito a Milano, frequentava l’ISEF e mi chiese di accompagnarlo a un esame. Accettai e lo aiutai a prendere un bel voto. Stavolta gli ho chiesto di sdebitarsi. Purtroppo non abbiamo giocato molto, non potevamo interagire. C’è stata molta complicità, ma solo con lo sguardo».
Teme il giudizio esterno?
«Temo il giudizio di Diego Abatantuono. Ha la terza media come me, ma è un uomo di grande cultura. Quando gioco a Trivial con lui, Ninni Salerno e Gianluca Impastato, io sono quello che sta zitto. A volte, per gentilezza mi chiedono di tenere i punti o di tirare il dado».
Negli anni scorsi ha fatto parlare non solo per la comicità, ma anche per le sue vicende sentimentali (con la ex Elena Morali, ndr) raccontate nel salotto di Barbara D’Urso. E’ pentito?
«Artisticamente non mi ha portato nulla. Non la considero neanche un’esperienza, la considero una cosa dovuta, che ho fatto per la mia ex compagna. Fino a quando ho potuto essere me stesso, ho giocato. Quando mi sono reso conto che la faccenda stava diventando un po’ più seria, ho detto di no. La gente mi deve riconoscere per quello che so fare. E’ la ragione per cui, da tanti anni, dico no ai reality. Ho detto no al GF e all’Isola, l’unico che avrei fatto è Pechino Express, perché mi piace viaggiare, però poi non ci sono state le condizioni».
In questo momento storico è preferibile seminare o partecipare a un reality potrebbe essere un ottimo escamotage per non rischiare di restare fermi?
«Io faccio parte di quelli fortunati, l’anno scorso sono stato ospite di Stefano De Martino a Stasera tutto è possibile, adesso sono da Savino. Inoltre, sto registrando un nuovo programma su Nove. Per fortuna lavoro e continuo a essere paziente. Finché potrò, dirò no a prescindere, ma comprendo perfettamente i colleghi che accettano di partecipare a un reality».
Ci tiene a fare bella figura, ma punta alla buona condotta. E’ uno che si accontenta o, sotto sotto, vuole primeggiare?
«Se dovessi fare un paragone con il calcio, direi che mi sento una buona squadra di Serie A di mezza o bassa classifica. Mi piace, e capita poche volte, andare a casa contento di quello che ho fatto».
Perché succede poche volte?
«Perché non è mai la situazione giusta, non c’è mai il tempo per correggere, sistemare. Quello che prima avresti fatto in quattro giorni, adesso si fa in uno: le prove, la scrittura, la registrazione, è sempre buona la prima. A volte torni a casa con una sufficienza che fa tristezza».
E’ un insoddisfatto o la TV di oggi è troppo veloce e poco curata?
«No, è una mia sensazione. Ci tengo tanto a fare bella figura ai miei occhi. Quando la gente mi fa i complimenti, a volte rimango scettico».
Cosa le manca per essere pienamente soddisfatto?
«Vorrei uno spazio diverso. Una cosa che mi ha soddisfatto negli anni è stata La Sai L’Ultima?. Con Ezio greggio ho potuto improvvisare, giocare e scrivere cose comiche. Adesso vorrei crescere. Ho dimostrato a me stesso di farcela in situazioni comiche e in altre come Back To School. Ora devo dimostrarlo a chi di dovere. Mi piacerebbe avere una piccola trasmissione, anche di un’ora, per adulti e bambini, in cui ci si diverte. Ho scritto qualcosa, ma ora più che scrivere si va sul sicuro acquistando format».
La comicità in TV ha abbastanza spazio?
«C’è stato uno problema di ricambio. I vecchi sono rimasti e i nuovi stanno sui social. Sono bravi a montare video, ma si copiano tra loro e non sanno stare sul palco. Il personaggio forte sui social, quando arriva in televisione, automaticamente non porta risultati. L’unico che si è salvato è Frank Matano, che adesso è un personaggio televisivo e non ti aspetti nulla da lui, solo la sua simpatia. E’ sé stesso e piace».
Mancano le idee?
«No, è cambiato proprio il linguaggio. La comicità forte ultimamente è quella del palco: interagisci col pubblico, racconti, fai sketch. Quella che ha funzionato a Zelig. Il linguaggio dei social in tv non passa. Viceversa il linguaggio lento, televisivo, sui social non funziona».
Chi sa stare sui social, non è mancante di gavetta?
«Se l’obiettivo è arrivare in TV sì, ma a me sembra che sui social non ci siano obiettivi se non aumentare i followers per ottenere sponsor, che è una bella scorciatoia anche a livello di crescita. Perché devo andare in televisione quando posso avere il mio canale, fare quello che voglio, a prescindere dalla qualità? Un buon obiettivo per la mia generazione oggi è andare su Amazon o Netflix, che hanno l’esigenza di creare».
Le sarebbe piaciuto partecipare a LOL – Chi ride è fuori?
«Sì, penso che piacerebbe a tutti i comici. Mi è piaciuto molto il fatto che non si aspettassero il boom. Guardiamo Lillo, nel suo caso un successo anche sui social. E’ stato quello che ha dato di più insieme a Pintus e Elio».
Sta girando un programma per Nove. Di cosa si tratta?
«Siamo 5 tutor, che aiutano 5 aspiranti comici a esibirsi sul palco in un pezzo di 5 minuti. Il titolo provvisorio è Stand Up – Comici in prova e saranno 6 o 8 puntate».