Mauro Coruzzi – Platinette: ‘Una nuova Franca Valeri? Non esiste’, intervista

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Mauro Coruzzi – Platinette è una delle due voci presenti in Inno della Pettegola, canzone firmata da Dario Gay, omaggio a Franca Valeri. L’idea di dedicare il brano alla grande attrice scomparsa la scorsa estate arriva proprio da Coruzzi per un motivo ben preciso: ‘Ha trascorso una vita attaccata a una cornetta del telefono’ dichiara ad APmagazine. ‘Nei vari ruoli da lei ideati, ha spesso spettegolato su figure stereotipate, dalla signora borghese alla cosiddetta intellettuale bolognese, in cui il pettegolezzo era una specie di fil rouge. Collegava una informazione data a un’amica o una parente in una verità che si trasformava in qualcos’altro man mano che passava di bocca in bocca’. 

Un personaggio immenso che va ricordato. 

Mi piace pensare che i grandi artisti vadano non solo ricordati, ma anche omaggiati. Va mostrata loro la nostra gratitudine. Ha compiuto cento anni ed è morta dieci giorni dopo e sembrava che non fosse mai esistita perché erano tutti intenti a occuparsi del suo compleanno secolare. Franca Valeri è stata un’attrice formidabile. Il suo pettegolezzo non aveva niente di così orrendo come accade oggi con le fake news e con i social, pieni di pettegolezzi avvelenati.

Abbiamo una nuova Franca Valeri? 

No, neanche mezza. Tutte quelle che ci hanno provato o ci stanno provando hanno doti e caratteristiche, peculiarità, anche interessanti, ma nessuna come lei è così ficcante e originale nel senso pieno del termine. Guardi, proprio poco tempo fa, ho saputo di una notizia. Il film Splendori e miserie di Madame Royal di Vittorio Caprioli aveva una sceneggiatura fantasma scritta proprio dalla moglie, Franca Valeri, che non firmò il film, ma contribuì grandemente alla scrittura. Fece parlare Tognazzi in un finto francese, arzigogolato, quasi demenziale, mischiato al romanesco. Una roba estremamente deliziosa, ecco perché era una grande. Tutti pensano che fosse romana, invece era una milanese di ferro, una borghese tradizionalista, che proprio perché conosceva meglio di chiunque altro i vizi e le caratteristiche della classe di riferimento, poteva parlarne anche male. Era comunque un segno di appartenenza.

Si è mai ispirato a lei?

No, quando si ama qualcuno non ci si può ispirare, non è un modello di riferimento. Se penso alle eredi di cui parlavamo prima, hanno sempre qualcosa che non collima. O non sono autrici, o meglio, lo sono ma ripetitive, oppure non hanno sfondato.

Chi è la pettegola per antonomasia?

È una definizione che non saprei a chi affibbiare perché il presente è fatto di altre tipologie. C’è l’influencer, che semmai ispira, condiziona un modo di comportamento con risultati spesso disastrosi. Se fossi una ragazza con qualche brufolo e non avessi trecento euro per usufruire dei consigli di un’influencer su come mettere il fard, mi sentirei frustrata. Poi ci sono i giornalisti e le giornaliste di riferimento. Coloro che vivono per dare la notizia per primi. È una roba moderna di fare pettegolezzo non particolarmente attraente, come se fosse una corsa ostacoli. Chi se ne frega di arrivare per primi.

Dovremmo ritornare alla sobrietà? 

No, la sobrietà è un concetto talmente relativo e soggettivo da non potersi imporre come oggettivo. Dovremmo semmai imparare, attraverso una rieducazione letteraria e grammaticale, a essere più divertenti e meno assassini della lingua. Ciò che sembra solo forma, molto spesso è anche contenuto. Tornando alla Valeri, era formidabile nell’uso della parole, ma era ancora più formidabile nella pause. Mi rendo conto che in una società nata per i ragazzi che frequentano i social e comunicano a distanza con le emoji non si ha più neanche l’esercizio fisico. A maggior ragione in questi mesi, tutto si impoverisce. Non è colpa di chi vive questa epoca, ma di chi non dà il modello di riferimento.

Si sente un po’ pettegola?

No. Detesto le perdite di tempo perché per me tali sono. Dover star lì a ricamare un’informazione passata da qualcuno…Non posso per natura essere pettegolo perché non riesco a tenermi niente. Il pettegolezzo della signora Valeri, invece, arricchiva. Oggi su chi dovrei spettegolare? I protagonisti del GF VIP 5 sono già disgraziati per loro natura, sarebbe una cattiveria inutile! (ride, ndr)

Il pettegolezzo che l’ha ferita.

Non c’è. Nulla avrebbe potuto farmi male perché ho fatto molto peggio di quello che dicono, quindi prima di arrivare alla verità devono scavare. Ci sono pettegolezzi divertenti come quello che ero un professore di italiano con la passione per il travestimento, in realtà sposato con una donna con cui avevo due figli, cose del genere. Poi ci fu una sorta di scandalo sui vari artisti che portavano i soldi all’estero. Secondo queste voci, avevo un conto in Lussemburgo, ma io non so neanche dove sia il Lussemburgo, per cui va tutto bene. Direbbe Oscar Wilde: ‘Se non ne parlassero, sarebbe quella la vera tragedia‘.

Questi pettegolezzi avevano a che fare col fatto che il pubblico conoscesse la sua doppia identità?

Lo facevano per dire: ‘Io lo so che è etero e finge di essere omosessuale‘.

Perché?

Perché così chi lo fa pensa di risultare più interessante all’orecchio e all’occhio altrui, ma poi è solo – ahimè – artefice di una vita noiosa. La Valeri direbbe ordinaria. Chi fa pettegolezzo tenta di guadagnarsi la considerazione da parte degli altri. I pettegolezzi creati da Lucherini o la storia di Rock Hudson erano un modo artistico di costruire. Adesso abbiamo le fake news. Ha idea di quanti vaccini usciranno da qui a quando riusciremo a vaccinarci? È preoccupante.

Ha costruito la sua carriera su un doppio binario, Platinette prima e Mauro Coruzzi poi, acquisendo una forte credibilità. È stato un rischio?

Non c’è nessuna costruzione nel personaggio di Platinette perché Platinette c’è da prima della popolarità con i teatrini di ultima categoria. Nasce a metà degli anni 70, con una presenza che sembrava irriverente, ma in realtà era piena di classici dello spettacolo, come la presentatrice, la acculturata esponente dell’intellighenzia dell’epoca, che stava né a destra né a sinistra.

Perché, a un certo punto, ha dato voce anche a Mauro?

Ho seguito l’intuizione di Costanzo, che a un certo punto di Buona Domenica mi disse: Io la vedo un po’ in sofferenza, perché non prova a togliersi tutti quegli orpelli?’. Costanzo ed io ci diamo del lei da sempre. Io avevo molti dubbi perché ero, sì, popolare, ma ero protetto perché nessuno sapeva. Maria De Filippi mi disse: ‘Pensa a cos’hai da perdere. La vita privata? Sono balle. Hai solo da guadagnare in credibilità‘. Maria ha un intuito formidabile. Così, accettai e mi presentai al centro dello studio, vestito di grigio, grasso come un maiale. È stato un inferno, ma quell’inferno che ti fa capire chi sei e che forse una parte di te deve esplodere in quel modo.

Si ritiene abbastanza soddisfatto?

Non abbastanza per combattere il vero nemico che è la noia. Annoiandomi anche di me stesso, si figuri se basta una apparizione o una serie di apparizioni! Non pensavo durasse così tanto. Insieme alla televisione non ho mai smesso di fare il mio primo mestiere, che è la radio. Credo proprio di non riuscire a smettere. La musica è la vera passione. Poi sto lavorando a un soggetto cinematografico che mi piace molto, ma in questo periodo è bloccato e, non ultimo, un progetto ancora più ambizioso, ma che credo che tale resterà: quello dell’opera lirica. Io nasco a Parma, lì c’è il secondo teatro lirico d’Italia, e mi piacerebbe molto concludere idealmente un giro a 360 gradi nel teatro che mi appartiene al massimo.

La televisione è noiosa? 

Non è noiosa perché è talmente variegata e tutto è possibile. È noiosa se hai l’abitudine di subirla e non di sceglierla. Avendo una passione molto accentuata per le serie, mi sto appassionando e metto alla prova il mio intuito per vedere se riesco a reggere dopo la prima puntata o a fare la maratona.

Cosa ha guardato di recente?

The Crown. È recitata meravigliosamente, ma dal punto di vista della sceneggiatura è molto noiosa, non sta aggiungendo nulla di nuovo. La regina, quando arriva Lady D, è troppo camuffata. Se, invece, penso all’infermiera lesbica di Ratched, mi gaso perché è un po’ meno ordinaria. Ho avuto una grande passione per Baby. Le due attrici protagoniste sono formidabili, la Porcaroli in particolare.

È il rischio della serialità. 

Il vero guaio è la sceneggiatura, perché i personaggi sono ben delicati e ben costruiti. Ad esempio, Vite in fuga: bellissimi i personaggi, la costruzione, le montagne, però mescolare il thriller con il family drama lascia a desiderare. Credo, però, che la pettinatura della Valle sia strepitosa. Come quella della Parietti, del resto, che mi dice che ho la capacità di passare dall’alto al basso. Anche questo è un modo per non annoiarsi.

 

Photo credits: Ivan Palombi 

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